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Alcune idee per sopravvivere al governo “a larga conservazione”

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Vignetta di Mauro Biani per Il Manifesto

Vignetta di Mauro Biani per Il Manifesto

Il governo Letta, se tutto andra’ bene per chi lo sta sostenendo, nascera’ all’inizio della prossima settimana. Vale la pena ragionare su alcuni calcoli e fare alcune proposte per chi all’interno di quel che fu Italia Bene Comune quel governo non lo vuole sostenere.

  1. I calcoli li fa il deputato PD Pippo Civati sul suo blog. Citiamo testualmente: “Lo so, è dura, ma il calcolo è facile da fare. La coalizione di centrosinistra, che non esiste più, ha vinto le elezioni per 120.000 voti. Se a questa cifra si tolgono gli elettori di Sel (e non parlo di quelli del Pd che si sono volatilizzati, in queste ore, parlo dei voti di Sel il 24 e 25 febbraio), che sono stati 1.089.409, è il Pdl con i suoi alleati a essere il primo azionista del nuovo governo Pd-Pdl.
    Se alla Camera, poi, il Pd, grazie al premio di maggioranza ottenuto con Sel, ha molti deputati di vantaggio, al Senato Pd e Pdl hanno più o meno gli stessi senatori.
    Sono cose da ricordare, prima di decidere se proseguire su questa strada.” Nella nuova coalizione di governo, quindi, la componente di centrosinistra sara’ minoranza sia in termini elettorali che, al Senato, in termini di seggi. Non e’ un caso se nel totoministri si senta parlare soprattutto di esponenti di centrodestra e non e’ un caso se Berlusconi ha deciso di alzare la posta sia dal punto di vista programmatico che nella composizione dell’esecutivo. Si puo’ obiettare che la Lega sara’ all’opposizione, bisogna vedere se sara’ solo una scelta tecnica per affidargli le commissioni di garanzia (servizi segreti, RAI) e non darle al M5S oppure se ci sara’ veramente una differenza politica tra questo governo e quelli di centrodestra sui temi cari alla Lega Nord.
  2. Fa notare in questo post in inglese Mario Pianta che, politicamente, il nuovo governo potrebbe essere preda di pulsioni diverse: il perseguimento dell’austerita’ sposato da gran parte del PD e da Monti, il populismo economico di Berlusconi su temi come l’IMU o l’evasione, la necessita’ di salvare la faccia dell’ala “socialdemocratica” del PD che probabilmente sosterra’ il governo. E’ possibile quindi che si riproduca lo stesso stallo dell’ultima fase del governo Monti con due cambiamenti non di poco: la figura di Napolitano al Quirinale che “garantisce” contro elezioni a breve e la guida del governo affidata ad un esponente del PD. Non e’ difficile immaginare che pero’ la strategia di Berlusconi sarebbe la medesima degli ultimi sei mesi del governo Monti: appoggio formale in parlamento, propaganda ostile da parte dei suoi (tanti) mezzi di informazione. Un buon capitale, quindi, da spendere in vista di elezioni piu’ o meno prossime. Se nel frattempo il governo Letta sopravvive e fa passare una riforma piu’ o meno semipresidenziale (piace anche all’aspirante futuro leader PD Matteo Renzi) tanto meglio. Cio’ che ne sarebbe dello schieramento di centrosinistra a questo punto lo lasciamo alla fantasia del lettore. Lasciamo perdere i giudizi sulla strategia del PD e vediamo invece prima quali sono le alternative e poi cosa puo’ fare chi a questo progetto si oppone.
  3. Si e’ detto in questi giorni che, visto il rifiuto di Grillo al “governo di cambiamento”, non c’erano alternative alla proposta attuale di governissimo. E’ vero che il M5S, con i suoi rifiuti a Bersani, ha rafforzato l’ala del PD che voleva l’accordo con Berlusconi. Tuttavia le elezioni per il Quirinale avevano mostrato una strategia diversa: se votate Rodota’, diceva Grillo, poi possiamo parlare del governo insieme. Forse anche per questo (e per impallinare Bersani e le sue aperture al M5S) hanno votato i famosi 100 franchi tiratori nella votazione su Prodi. Fallita l’elezione di Rodota’ e anche con Napolitano al Quirinale, nulla impediva di spiazzare nuovamente il M5S proponendo un nome “terzo” alla guida di un governo di cambiamento, magari pescando nei 10 nomi usciti dalle “Quirinarie”. E’ un tentativo che non e’ stato fatto anche perche’, checche’ ne dicano alcuni esponenti “giovani” del PD, il voto per il Quirinale su Napolitano preludeva anche ad un accordo sul governo. Proprio quello che Berlusconi aveva chiesto dal giorno dopo le elezioni. Le alternative pero’ c’erano e ci sono anche in questo parlamento. Il PD, come fa notare oggi Michele Serra, e’ al centro e puo’ scegliere se allearsi con M5S o con PDL piu’ Monti. Ha fatto finora la seconda scelta e, cosa da non sottovalutare, minaccia di espellere i suoi parlamentari che voteranno contro. Tra questi c’e’ anche Pippo Civati che l’ha dichiarato pubblicamente. Si puo’ fare spallucce sul prossimo congresso del PD, ma in gioco c’e’ la possibilita’ o meno che chi ha sostenuto il progetto Letta si aggiudichi

tutta la struttura organizzativa del partito.

  1. A questo punto, se anche il tentativo di Letta non andasse in porto, sarebbe chiaro che la maggioranza schiacciante del gruppo dirigente e parlamentare del PD ha fatto una scelta. Sta a chi non la condivide costruire delle alternative credibili, un primo appuntamento sara’ quello convocato da SEL per l’11 maggio. Le vicende delle ultime settimane pero’ evidenziano tre aspetti da non sottovalutare nella preparazione di questo evento come nel ragionamento piu’ complessivo sul da farsi. Primo, c’e’ una fetta consistente di chi ha votato centrosinistra che si sente tradito perche’ ha firmato una carta di intenti che prometteva di chiudere con il berlusconismo e ora si ritrova i propri rappresentanti al governo con Berlusconi. E’ elettorato di centrosinistra, di tutto lo spettro della coalizione, non di gente alla sinistra del PD. L’opposizione al progetto Letta deve essere quindi non fatta da chi se ne va dal centrosinistra ma verso chi quel centrosinistra lo abbandona nei fatti sostenendo il governo con Berlusconi. Discorso politicista? Veniamo agli altri due punti. Il secondo punto, direttamente conseguente a primo, e’ che c’e’ una questione di classe dirigente anche tra chi si oppone al progetto Letta. Se e’ un elettorato di centrosinistra che si ritrova senza rappresentanti, non si puo’ pensare che trovera’ una casa in un progetto guidato da chi e’ legato ad una divisione tra sinistra “riformista” e “radicale” che non ha piu’ riscontro nell’elettorato. E’, prima di tutto, una questione di coerenza tra biografie e idee che si portano avanti ma e’ anche una questione di credibilita’ come personale di governo: non dimentichiamoci che fu anche la brutta figura come ministri del governo Prodi che causo’ il crollo dei consensi per la sinistra radicale nel 2006. E di gente brava ce n’e’, sia al di fuori dell’attuale establishment  che nelle nuove leve di SEL. Nuove non solo in senso anagrafico: si pensi a persone come Laura Boldrini e si guardi alle biografie di alcuni parlamentari e dirigenti. Si puo’ pensare quindi di creare, come chi scrive ha fatto insieme ad altri, un governo in esilio guidato da persone oggi sconosciute ai piu’, magari affiancate da un consiglio di esperti piu’ maturi e conosciuti. L’importante e’ mostrare al paese, punto per punto, che si possono fare scelte alternative. E se bisogna aprire un nuovo progetto, che i vecchi architetti promettano subito che sara’ la loro ultima iniziativa. Terzo e ultimo punto, se si vuole fare rappresentare tutto il centrosinistra bisogna essere chiari anche sui riferimenti sociali. Ricordarsi per esempio, che oltreche’ Pomigliano e Mirafiori (sulla cui importanza scrivemmo in tempi non sospetti) ci sono anche i lavoratori dei centri commerciali o le operaie della Omsa e di tutte le aziende che delocalizzano. Ci sono i disoccupati, i precari e le nuove imprese creative che nessuno rappresenta. Si puo’ e si deve parlare al “nuovo centro” di cui scrivemmo tempo fa e non alle vecchie bandiere. Fare politica e costruzione di consenso, non letteratura. Parlare agli outsider nella societa’ per fare un opposizione efficace al governo degli insider, un governo “a larga conservazione”.

Riusciranno i nostri eroi nell’impresa?

(Mattia Toaldo)



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